In realtà proprio qui si è fatto le ossa a partire dagli anni ’90, l’azienda di allora non puntava ancora alla qualità ma piuttosto alla quantità, ma a lui serviva imparare un mestiere che non aveva ereditato (da giovane aveva lavorato nel piccolo bar di famiglia), così quando gli si è presentata l’opportunità di lavorare a fianco dell’enologo Fabio Signorini, non se lo è fatto ripetere due volte. Arriviamo all’inizio del terzo millennio, si presenta l’esigenza di riconvertire il vigneto per adeguarlo alle nuove conoscenze agronomiche e a una viticoltura di qualità, per farlo è necessario anche capire quali varietà sono più adatte allo scopo.
Da subito Enrico inizia a sperimentare per capire quale delle 12 varietà autoctone impiantate può dare i migliori risultati e può concretizzare quel principio su cui ha puntato con convinzione; per ciascun vitigno dispone di 50 barbatelle, ci sono il Mammolo, il Foglia Tonda, il Mazzese, il Colorino, il Pollera, il Bonamico, la Barsaglina, il Sangiovese, il Trebbiano, la Malvasia del Chianti ed altri ancora.
Dopo tre anni di sperimentazione, oltre ai più “classici” Sangiovese, Colorino, Trebbiano e Malvasia, Enrico si rende conto che il Foglia Tonda può dare un importante valore aggiunto, così continua il lavoro facendo microvinificazioni e assaggiando frequentemente per ben 5 anni. Il risultato finale conferma che il Foglia Tonda, insieme al Colorino, è quello che ha dato i migliori risultati.


